Su Il Mondo incantato dei libri: NA K14314. Le strade della Méhari di Giancarlo Siani di Paolo Miggiano

La scritttice Rita Scarpelli, dopo avermi accompagnato, con Enza D’Esculapio e Daniela Merola, nella presentazione di NA K14314 al Centro Agape di Napoli, scrive del mio libro una bella recenzione. La propongo qui, ringraziandola per le belle parole. 

“Io vi affido Giancarlo, mio fratello, affinché possiate parlarne nelle vostre case, con i vostri amici, con i vostri genitori, nelle vostre scuole. Parlare di un giovane come voi, che voleva solo fare il giornalista”.

Paolo Siani

Ci sono libri che si leggono perché ci incuriosiscono, perché ci ispirano oppure ai quali ci avviciniamo perché appartengono ai nostri generi letterari preferiti.

Leggere “NA K14314 Le strade della Mehàri di Giancarlo Siani” rappresenta  un altro tipo di esperienza, un’esperienza unica oserei dire.

Chiunque si accosta alla lettura di questo lavoro si rende conto, sin dalle prime pagine, che Paolo Miggiano è stato un “fotografo emozionato” che, attraverso la scrittura, ha voluto condividere con  uomini e donne del nostro tempo il viaggio che Giancarlo Siani, antieroe per antonomasia e per quello prezioso e fragile allo stesso tempo, ha, simbolicamente, fatto a bordo della sua Mehàri, a partire dal 23 settembre 2013.
 
Giancarlo Siani era un giovane giornalista, precario, del quotidiano “Il Mattino” di Napoli.

Aveva scelto quel lavoro come si professa una fede e  non gli importava più di tanto di non venir pagato abbastanza né che fosse praticamente un “abusivo”: per lui contava poter fare il giornalista e andare “a caccia di notizie” che potessero essere messe a disposizione della gente, per contribuire alla diffusione della verità.

La sera di quel 23 settembre 1985 Giancarlo fu crivellato a colpi di pistola, mentre stava scendendo dalla sua auto, una Citroen Mehàri dal colore della speranza: a soli ventisei anni aveva faceva già così paura  da doverlo uccidere!

Quando tanti altri giovani della sua età vivevano la loro vita tra studio, lavoro e serate con gli amici nei pub e nelle discoteche, Giancarlo era già in viaggio, pervaso dalla sua passione.

L’auto  che aveva comprato era come lui, essenziale e senza schermi: lasciava che il vento avvolgesse il suo corpo, amplificando ancor di più quelle vibrazioni che lo attraversavano.

Dopo molti anni la Mehàri, che era stata dismessa dalla famiglia Siani, è stata ritrovata e restituita a Paolo Siani, fratello di Giancarlo.  Proprio lui ha scelto  Paolo Miggiano quale custode e testimone del lungo viaggio che l’auto avrebbe  ha fatto, in giro sia fra  gente comune che fra istituzioni, come la Camera e il Senato, il Parlamento europeo o  il Cardinale Sepe di Napoli.

Paolo Miggiano, oggi scrittore ma, come lui stesso scrive, rimasto nell’anima un poliziotto, è salito, con tutta la complessità del suo vissuto, sulla Mehàri rimasta nell’oblio per tanti anni: quel viaggio, interrottosi drammaticamente, il 23 settembre 2013, è, in modo allegorico, ricominciato. Un uomo comune fra la gente comune, ma anche una persona che ha conosciuto, per il lavoro che ha svolto, quanta devastazione la delinquenza sia capace comunque di generare.

Paolo Miggiano è stato accompagnato da tantissime persone come Roberto Saviano, Luciana Alpi, Salvatore Canzanella, Maurizio Cerino, Alessandra Clemente,  Erri De Luca, Sandro Ruotolo e ancora altri: ognuno di loro, in un modo o in un altro, ha testimoniato, con la propria presenza, che solo la verità ci dà la forza di conquistare la libertà.

Un percorso teso a testimoniare la consapevolezza di un’amara realtà: ciò che Giancarlo aveva scoperto e che l’aveva condannato a morte è la piaga, tuttora infetta, della nostra società. Ma stavolta, almeno stavolta, la Mehàri sembrava gridare che non lo si può e non si deve più far finta che certe cose non esistano.

Paolo Miggiano, in quanto uomo appartenuto alle forze dell’ordine, ha avuto, fra l’altro, la funzione fondamentale di far comprendere che, per quanto le istituzioni possano proteggerci, ognuno deve fare la sua parte e deve portare avanti il suo individuale progetto di legalità.

Questo non vuol dire che le istituzioni non debbano continuare a svolgere la loro funzione  e a giocare il loro ruolo determinante: infatti il viaggio di quell’auto, dal colore della speranza, ha toccato anche mete per così dire “ufficiali”; luoghi dove è necessario e opportuno rinnovare la memoria di ciò che accadde quel 23 settembre 1985 e di tutto ciò che è successo negli anni successivi in nome della prepotenza e della violenza che camorra e mafia hanno “vomitato” sulla gente perbene: interlocutori ai quali è doverosamente necessario chiedere che quanto non è stato fatto sino ad ora venga finalmente realizzato.

Un tema assai sentito dall’autore è la presenza degli “invisibili”: coloro che, come Giancarlo Siani, fanno il loro lavoro con passione, addirittura rischiando la vita, senza però vederne riconosciuto il valore. I tanti “invisibili” che costituiscono, ancora oggi, la parte sana del nostro Paese e che dovrebbero avere il riconoscimento di un’identità sociale e economica ancora pressoché assente.

Di particolare impatto è lo stile usato dall’autore: una narrazione asciutta ma, allo stesso tempo, curata che ha una nota di coralità in alcuni punti, facendo sentire il lettore parte di quel popolo che si muove attorno alla Mehàri di Giancarlo Siani.

“NA K14314 Le strade della Mehàri di Giancarlo Siani” è un’opera della quale consiglio la lettura soprattutto ai giovani, affinché salgano tutti idealmente su quell’auto, per far diventare un viaggio permanente quel percorso iniziato nel 2013.

Perché solo affermando i valori della legalità e della verità si può costruire un mondo dove ci sia “il posto giusto” per ognuno, nel rispetto delle proprie passioni e dei propri talenti.

Ma è anche rivolta a tutti noi adulti, che siamo stati giovani negli anni ottanta, per non dimenticare quando le logiche di potere hanno rinnegato ogni tipo di umanità uccidendo un ragazzo di poco più che ventenne, per folli giochi di supremazia. E che purtroppo, quasi nulla è cambiato rispetto ad allora.

Rita Scarpelli

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