26/6 NAK14314 a Torre Annunziata

Giancarlo Siani si muoveva, veloce, tra Napoli, Castellammare di Stabia e Torre Annunziata, con una piccola e strana automobile, spoglia, scoperta, senza sportelli né tettuccio. A petto nudo, vento in faccia, senza coperture né vetri blindati e una determinata e forse inconsapevole sfida ai clan, con uno sguardo sempre attento a certi politicanti, che con la camorra brigavano.

Giancarlo ora era un aspirante giornalista, quasi un giornalista ed era consapevole – lo voleva con forza, con determinazione e serietà – che da grande sarebbe stato un giornalista professionista. Per lui fare il giornalista significa vedere, ascoltare, registrare riportare la voce degli operai, degli anziani, degli studenti, dei pensionati, dei disoccupati, dei commercianti e dei tossicodipendenti, degli ultimi, di quelli che non contano niente. Qualche volta, in punta di piedi, significa dire anche la propria opinione, prendere posizione. Incominciava a capire che, soprattutto parlando di contrabbando, di droga, di camorra e dei rapporti tra politica e camorra, bisognava saper leggere, interpretare e giudicare i fatti. È così che diventò un giornalista di frontiera, un giornalista scomodo, ma senza contratto.

Il viaggio prosegue, percorrendo le vie polverose di Torre Annunziata, di Castellammare di Stabia e dei paesi della costa vesuviana. Correva veloce, con il vento in faccia e il sole negli occhi, quello che al mattino, a est, fa capolino da dietro al Vesuvio e quello della sera che, come una palla di fuoco, si perde nel Tirreno. E in testa la solita idea, quella che un giorno sarà un giornalista vero.

Un viaggio che qualcuno pensava di fermare quella sera di inizio autunno, in un vico del quartiere bene di Napoli, il Vomero.

Ora la Méhari ritorna a Torre Annunziata, ritorna attraverso la narrazione di NA K14314. Le strade della Méhari di Giancarlo Siani

 

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