Forcella, foto di Ciro Fusco

«Annalisa Durante è morta invano», ma non per tutti

«Oggi Annalisa grida dal Paradiso che la sua morte è stata vana». Sono le parole che don Luigi Merola ha pronunciato ed affidato al taccuino della giornalista de Il mattino Giuliana Covella, in occasione del diciassettesimo anniversario dall’assassinio di Annalisa Durante (Forcella, riscatto tradito «Annalisa morta invano», in Il Mattino 28 marzo 2021, p. 36), la quattordicenne uccisa a Forcella, nel cuore della capitale del meridione d’Italia, una sera di primavera, mentre era sotto la propria abitazione a conversare con la cugina e le sue amiche. Morì, perché fu colpita alla testa da un colpo di pistola esploso dall’ultimo erede del clan Giuliano nel tentativo di difendersi da un attacco degli esponenti del clan rivale, quello dei Mazzarella.

Don Luigi Merola ha pieno titolo a parlare di Paradiso e delle grida che da lì si possano lanciare qui sulla terra. Infatti egli è un sacerdote e sappiamo anche che non è un sacerdote qualsiasi.

E perché secondo don Luigi, Annalisa dovrebbe gridare dal Paradiso che la sua morte è stata vana? Secondo il sacerdote, Annalisa griderebbe, perché nel suo quartiere, nonostante tanti proclami, dalla sua morte non sarebbe cambiato nulla. Anche in termini di giudizi sul cambiamento a Forcella credo che don Luigi abbia altrettanto pieno titolo ad esprimersi. Egli, infatti, ancora ragazzo, era il parroco della parrocchia di Forcella quando Annalisa fu uccisa e dopo la sua morte si prodigò in un impegno senza sosta e senza quartiere proprio per chiedere a Forcella di cambiare e alle istituzioni di contribuire a cambiarla. Talmente fu forte la sua azione di denuncia e di impegno sociale che insieme al giornalista Arnaldo Capezzuto, fu minacciato di morte, rimosso dall’incarico e trasferito altrove.

Il sacerdote, dopo aver dato atto che a Forcella l’unico rinnovamento è stato il tentativo del padre della ragazza uccisa e dell’associazione a lei dedicata, si sofferma a sottolineare l’inerzia delle istituzioni regionali, comunali e municipali, che non sarebbero state in grado di sconfiggere l’illegalità, nonostante la morte innocente di un’adolescente.

Poi, richiamando una sua ricerca dalla quale si evince che Forcella, in sole tre strade, risulta essere il rione con la più alta concentrazione di popolazione d’Europa (110.000 abitanti), si sofferma sulle condizioni attuali del rione. Don Luigi dice che è Annalisa a gridare dal Paradiso, ma in realtà lo fa lui quando afferma che «la maggior parte di questi abitanti», a distanza di diciassette anni dalla morte di Annalisa, «vive ancora di illegalità e costituiscono un esercito artigianale del mercato del falso al soldo della camorra dove si producono i “migliori” Rolex, Montblanc e Louis Vuitton contraffatti».

Io non so se qualcuno davvero possa gridare dal Paradiso e se quei lamenti possano giungere sino a noi. Anzi ho una qualche certezza che questo non possa proprio accadere. Da quasi ateo, come mi definisco, guardo la realtà con razionalità. Di Annalisa Durante, di Forcella, dei clan che l’hanno governata e degli affari illeciti che lì si consumano e si governano ne ho parlato ampiamente nel libro “Ali spezzate” (Di Girolamo Editore) che sulla morte di Annalisa ho scritto. In quel libro, scritto nel 2012, non ho fatto sconti a nessuno. Non ho fatto sconti a vecchi e nuovi amministratori e politici. Non ho fatto sconti neanche a certi rappresentanti del mondo dell’associazionismo, quelli che pensano di cambiare il mondo con il loro progettino, che nella migliore delle ipotesi finisce per gratificare solo la loro personale voglia di fare del bene, ma non certo agire efficacemente sulle esigenze di cambiamento.

L’ho detto e lo ribadisco, a Forcella c’è un forte contrasto tra quello che accade all’interno di quell’ex super cinema ristrutturato (male) e ciò che c’è sotto gli occhi di tutti sul marciapiede di fronte. In quell’ex struttura di intrattenimento cinematografico è nata, per volontà del padre di Annalisa, una biblioteca diffusa, ma funziona davvero o è solo uno specchietto per le allodole? Lì si tengono laboratori di vario genere, di teatro, di musica ecc., ma quanti ragazzi li frequentano? Lì da qualche tempo si tiene il progetto di lettura per bambini da tre a sei anni, finanziato con soldi della regione Campania, ma quanti bambini effettivamente si siedono su quel tappeto a leggere o a sentirsi raccontare le favole? In ogni caso, mettiamo che quel luogo sia frequentato da centinaia di ragazzi e che lì si realizzino i migliori laboratori artistici, affacciandosi dall’atrio di quella struttura cosa vedrebbero quei ragazzi? Vedrebbero il degrado, le bancarelle di sigarette di contrabbando, lo spaccio della droga a cielo aperto, la prostituzione, la contraffazione, l’immondizia che arriva quasi ai primi piani dei palazzi, le erbacce che crescono in ogni dove, i tubolari innocenti che stanno li dal terremoto dell’80, vedrebbero il disordine che nessuno intende ordinare. In una sola parola vedrebbero la camorra e i suoi traffici. E le istituzioni che fanno? Nulla. Anzi no, qualcosa fanno: passano da lì e si fanno immortalare in una foto ricordo con il padre di Annalisa, elargiscono promesse che non manterranno e se ne vanno.

Ora qualcuno dice che don Luigi avrebbe torto e che Annalisa non è morta invano e a sostegno di questa affermazione da qualche parte pone l’elenco delle iniziative che, seppur importanti e rappresentino un segnale, sono poca cosa rispetto alla reali necessità di cambiamento del rione. Certo loro quell’elenco di iniziative possono esibire. Loro non sono mica le istituzioni, non governano i palazzi che contano. Sono solo dei singoli cittadini, animati da tanta buona volontà, ma non mi venissero a dire che con dei murales in più si cambierebbe la città. Non mi venissero a dire che con le sole installazioni artistiche si restituirebbe legalità a quei “quartieri stato”. Non mi venissero a dire che facendo leggere cinque o dieci bambini si modificherebbe il livello culturale del rione. Sono tutti segnali che se si vuole si può fare, ma davvero si può pensare che un giorno o l’altro si possa vedere il sindaco, il presidente della regione, gli assessori con la casseruola e cucchiaio da muratore in mano a realizzare le infrastrutture necessarie a cambiare economicamente, socialmente e urbanisticamente Forcella? Totò direbbe: ma mi faccia il piacere!

A Forcella e negli altri rioni periferici e del centro storico della città ci vorrebbe ben altro. Ci vorrebbe ben altro per tirare fuori da quegli scantinati tante lavoratrici e lavoratori ricattati e sfruttati dalla camorra nella produzione dei dei prodotti contraffatti. Non basta fare proclami, non basta proporre anche la migliore iniziativa, ma occorre realizzarla. I problemi dei quartieri sfuggiti di mano da più di mezzo secolo hanno bisogno di essere affrontati sin dalle radici. Intanto, però, in attesa che qualcuno si accorga che Napoli abbia bisogno di una legge speciale, si potrebbe cominciare - non dico a rendere effettivamente produttiva quella piazza Forcella (così come indico nell’ultimo capitolo del mio libro) - a smantellare i presidi della camorra che sono sotto gli occhi di tutti e che tutti fanno finta di non vedere. Si potrebbe cominciare a ripulire almeno quel degrado che si vede persino dal Paradiso.

di Paolo Miggiano