Don Maurizo Patriciello: siamo nel terzo mondo, ma siamo qui per non lasciare sole le vittime innocenti della criminalità

Omelia di un laico che non sta a guardare

Caivano 14 dicembre 2019. Parco verde, chiesa San Paolo Apostolo, per non far sentire sole le famiglie delle vittime innocenti della criminalità.

È un freddo sabato sera di metà dicembre, altrove c’è un clima di festa, le strade sono piene di persone che sotto alle luci splendenti del Natale passeggiano, sciolgono le tensioni, fanno acquisti, si divertono, ridono, si preparano ad andare a cena con gli amici, gli amori. C’è clima di festa per le strade del nostro Paese e certamente ce n’è bisogno.

No, questa sera, questo sabato sera, per me non è un sabato da trascorrere in un ristorante con gli amici o per le strade luccicanti con le persone che amo. Sono laico, a tratti quasi ateo, ma se c’è da qualche parte qualcuno che, in un modo o nell’altro, rivolge un pensiero a chi non c’è più perché ha incrociato le traiettorie delle mafie o della criminalità in genere, io ci vado. Ci vado e resto, come ho sempre fatto, all’ultima fila ed in disparte. Così, io, quasi ateo, come spesso mi definisco, scelgo la chiesa di Caivano, dove un prete esemplare che trascorre la sua vita tra i poveri ha deciso di celebrare una messa per abbracciare il dolore dei familiari delle vittime innocenti della nostra martoriata terra. L’ho fatto perché sono convinto che se un Dio ci deve essere per forza, egli sta dove c’è qualcuno che soffre e dove c’è un povero.

Quando, dopo essermi perso più volte in quel deserto che sono le strade della provincia a Nord di Napoli, giungo a Caivano, la chiesa San Paolo Apostolo del Parco Verde, il rione più degradato dell’Europa civilizzata, è stracolma. Non c’è neanche un posto a sedere. Sull’altare maggiore quattro preti. Due di loro li conosco: don Maurizio Patriciello e don Tonino Palmese, gli altri no. Sul lato sinistro dell’altare, un cartello recita: “Benvenuti, Gesù vi aspetta”.

Mentre, seduto in disparte ed all’ultima fila, prendo appunti sull’omelia di don Maurizio Patriciello, rifletto sul fatto se Gesù stesse davvero aspettando tutta questa gente, venuta da ogni parte della Campania. Per la verità, questa questione che un certo signore di nome Gesù aspetti ognuno di noi è proprio una delle cose che so di non sapere. Questa è l’unica certezza che ho, cioè il dubbio sull’esistenza di Dio e se davvero sia stato lui “che ha fatto il cielo e “creato milioni di stelle inutili”.

Come il poeta, penso che il problema non è che lui ci sia o non ci sia: il problema è la mia vita quando non sarà più la mia (ndr. Roberto Vecchioni in La stazione di Zima). E qui questa sera erano davvero in tanti coloro che ad un certo punto della loro vita, quando le vite dei loro cari sono state strappate da feroci criminali, si sono chiesti se Dio davvero esiste. Sono i familiari delle vittime innocenti della criminalità che nonostante tutto hanno una smisurata fede in Dio.

Da anni queste queste persone sono mie amiche, per lungo tempo ho condiviso con loro dolori e frustrazioni e questa sera, convinto o meno che in una chiesa si possano trovare le soluzioni ai mali del mondo, non potevo mancare. Questa sera in una chiesa di un quartiere di periferia mi sono ritrovato nel loro abbraccio a riconciliarmi con il mondo che non sempre è bello e mi sono anche riconosciuto nelle parole di un prete.

«Abbiamo voluto essere qui con voi questa sera, per dirvi che non siete soli», ha esordito don Maurizio nella sua omelia. Un’omelia di parole semplici, ma che sono arrivate dritte al cuore. E come non essere d’accordo con lui, quando rivolto alla platea dice: «Ci troviamo in un quartiere brutto, un quartiere nato con il peccato originale». Infatti, quartieri come quello del Parco Verde di Caivano sono quartieri pensati per essere proprio brutti. «Solo una mente malata», aggiunge don Maurizio, «poteva pensare di mettere insieme tanta povertà, per poi abbandonarla a se stessa».

Don Maurizio, in una serata come questa, più che mai, non fa giri di parole per dire che qui ci troviamo nel “terzo mondo”, un terzo mondo che genera un male come la camorra. La camorra, dunque, come una maledizione di cui da più di duecento anni non riusciamo a liberarci. E se questo è vero, afferma con forza, «non si può dire che la camorra e le mafie siano un corpo estraneo allo Stato».

«Tra mondo terreno e Paradiso, noi dobbiamo fare una scelta», questo è l’invito che don Maurizio rivolge ai volti delle persone che gli sono davanti. «Una scelta nonostante tutto, nonostante la nostra rabbia. Noi condividiamo il vostro dolore in questa domenica di gioia». Ed intorno al concetto di “gioia” è che il discorso di don Patriciello si fa davvero duro ed invita alla riflessione vera: «Il Parco verde è definito la piazza di spaccio più grande d’Europa. Io non so se questo sia vero, però penso che siamo messi bene in classifica». Poi ha ricordato che «il piacere non è mai gioia. La gioia è un’altra cosa e dà significato anche al dolore, affinché nulla vada perduto, perché i vostri morti possano essere il seme per le prossime generazioni».

Presente all’incontro anche la presidente del coordinamento campano dei familiari delle vittime, Carmen Del Core, che al termine della celebrazione, invitata da don Tonino Palmese a salire sull’altare, ha voluto in una profonda commozione ringraziare e chiamare attorno a se tutti i familiari delle vittime presenti. Ed ancora una volta mi sono sentito uno di loro, quando don Tonino Palmese mi ha invitato a fare altrettanto.

Più tardi Carmen affiderà ad un post su Facebook il suo ringraziamento: «È stato un momento veramente importante stasera per il Coordinamento, un ritrovarsi tutti insieme per la memoria dei nostri cari. È stato bello essere riscaldati dall’abbraccio di Don Patriciello e della sua comunità. Due mondi paralleli uniti dal medesimo impegno, dalla stessa forza. Grazie di cuore a tutti».

Questa la mia serata di un freddo e malinconico giorno di dicembre.